Il CONI è sempre al fianco del Premio Internazionale Fair Play – Menarini. Una partnership di valore che ribadisce l’importanza dell’etica, del rispetto e dell’inclusività in ambito sportivo. In vista dell’edizione 2020 della kermesse, in calendario il prossimo 10 settembre a Castiglion Fiorentino, ecco un’intervista esclusiva al presidente del CONI Giovanni Malagò.
Presidente, il CONI è ancora una volta al fianco del Premio Internazionale Fair Play – Menarini concedendo il patrocinio alla sua XXIV edizione. Quali sono le motivazioni alla base di questa scelta?
Sono trascorsi davvero molti anni da quando il CONI ha iniziato a supportare questa iniziativa. In questo periodo, il Premio Fair Play – Menarini è cresciuto costantemente e ha assunto ancor più prestigio. Sfogliando l’albo dei premiati si può certamente notare che in esso è raccolta l’eccellenza dello sport. Ricevere questo premio è un onore, perché esalta e promuove i valori dell’etica e del fair play: principi fondamentali su cui si fonda il nostro sistema sportivo. Ritengo quindi che tale manifestazione sia importantissima per il nostro mondo. La qualità sportive e umane dei premiati e l’impegno e la professionalità degli organizzatori garantiscono al Premio la giusta considerazione e il giusto risalto. Si tratta di un progetto che esalta il lato più bello e vero dello sport e, per questo, va sostenuto con convinzione.
Dopo i successi agonistici ottenuti nel corso della loro carriera, i personaggi sportivi diventano veri e propri testimonial dell’etica sportiva. Come si declinano i valori legati al fair play ai giorni nostri?
Credo che i veri campioni lo siano sia nello sport sia nella vita. Il nostro mondo è fatto di valori morali ed etici sempre attuali. Valori che non passano mai di moda, ma che devono anzi essere promossi con impegno. Le nostre campionesse e i nostri campioni, durante la loro carriera, sono degli esempi positivi per i nostri giovani. Dietro a un successo, dietro a una medaglia, così come dietro ad una sconfitta c’è il lavoro quotidiano di tante ragazze e ragazzi che non accettano compromessi e non cercano scorciatoie. Sono dei modelli di vita che, ora più che mai, possono ispirare e aiutare i più piccoli a trovare la propria strada. Sia essa nello sport di vertice o nella vita di tutti i giorni.
Quale messaggio deve dare lo sport italiano nella fase di ripartenza post-Covid?
Lo sport italiano deve dare un messaggio di unità, di coralità perché ne va della tenuta di tutto il sistema. Tutti gli eventi nazionali e internazionali sono stati cancellati o posticipati, così come sono state stravolte le vite di tutti noi, la nostra quotidianità. Lo sport può essere uno strumento fondamentale per la ripartenza di tutto il Paese, non soltanto per il peso che ricopre in termini economici quanto, piuttosto, per l’importanza che ha nella vita di tutti gli italiani, siano essi praticanti, atleti o semplici appassionati.
L’emergenza sanitaria Covid-19 ha fermato per molti mesi il mondo dello sport. Come le federazioni si stanno attrezzando per garantire una ripartenza sicura e consapevole dell’attività sportiva a tutti i livelli?
Alle spalle c’è un duro lavoro iniziato sin da subito, in pieno lockdown. Lo sport italiano ha reagito su tre livelli: gli atleti di alto livello sono rimasti in attività fino a quando non è stato ufficializzato il rinvio delle Olimpiadi di Tokyo al prossimo anno. Le discipline di vertice si sono fermate, ma poi sono state anche le prime a ripartire. Poi c’è tutto il resto del movimento che ha atteso le disposizioni governative in materia. Abbiamo presentato al Governo un report di 404 pagine in cui abbiamo chiesto a tutte le federazioni di indicare le specificità e le criticità del proprio sport. In Italia il CONI riconosce 387 discipline diverse tra di loro e con proprie necessità e particolarità. Si è trattato quindi di un lavoro analitico, integrato, supportato dal Politecnico di Torino e dalla Federazione Medico Sportiva Italiana che ha consentito di fornire al Governo un protocollo complesso e chirurgico che, con l’approvazione della Commissione Tecnica Scientifica, ha permesso di ripartire almeno con gli allenamenti. Ciò ha garantito una ripresa in sicurezza e graduale, perché un conto è la ripresa delle attività e un conto è la ripresa delle manifestazioni. Il prossimo step riguarda la ripartenza delle manifestazioni sportive, comprese quelle degli altri sport di squadra.
Il 2021 sarà l’anno che vedrà lo svolgimento degli Europei di calcio e delle Olimpiadi. Quali sono le criticità, e quali invece le opportunità, dello sport post-Covid? E quando auspica il ritorno dei tifosi non soltanto all’interno degli stadi in occasione delle partite di calcio, ma anche nei palazzetti in occasione delle gare e dei campionati di altre discipline sportive?
Le Olimpiadi di Tokyo saranno uniche perché è unico il momento che stiamo vivendo. Dalla prima Olimpiade moderna del 1896 non era mai capitato che i Giochi venissero rinviati. Abbiamo avuto edizioni annullate a causa delle guerre mondiali, boicottaggi, ma mai un’edizione posticipata. Il comitato organizzatore, il CIO e le autorità giapponesi stanno affrontando tutte le criticità che un rinvio così eccezionale comporta dal punto di vista logistico e della sicurezza degli atleti. Atleti che saranno ancora una volta messi al centro del progetto. In questi mesi ho ricevuto tante telefonate dagli atleti e dai tecnici che volevano sapere come comportarsi. L’ansia di un atleta è comprensibile: deve sapere come programmare il proprio lavoro e la propria preparazione. L’obiettivo è stato spostato avanti di un anno, ma noi ci faremo trovare pronti. Un ritorno dei tifosi? Spero che la gente possa tornare presto a riempire gli stadi e i palazzetti in piena sicurezza. Le partite di calcio a porte chiuse non offrono un grande spettacolo, ma questa soluzione di ripartenza era la migliore possibile. Autorizzare la presenza dei tifosi “certificherebbe” una regressione della pandemia. Quindi il mio auspicio è che si possa realizzare il prima possibile.