Il piccolo Boban crebbe in quella polveriera che era l’ex-Jugoslavia. Crebbe in questo clima carico di tensione e oppressione, con in testa la passione per il pallone ed il sogno di una Croazia libera ed indipendente.
Zvone si ritrova ad esordire nella massima serie jugoslava appena sedicenne. Diviene subito titolare, esordendo anche in Europa, e trova una tale continuità che è già capitano dopo appena 3 stagioni, a soli 19 anni d’età.
In quegli anni Zvone diviene famoso anche per motivi extracalcistici: è il 13 maggio del 1990, quando a Zagabria arrivarono a giocare gli storici avversari della Stella Rossa di Belgrado. Il futuro rossonero venne tratto in salvo dal linciaggio da alcuni supporter e dirigenti della Dinamo. Boban, che diventò un eroe per il popolo croato, rischiò l’arresto e venne sospeso per sei mesi, perdendo la possibilità di partecipare ai Mondiali del 1990 in Italia. Nel frattempo, a soli 22 anni Boban era già diventato un eroe per il proprio popolo. Zvone scelse di intervenire, “rischiando di perdere tutto, carriera compresa, in nome di un ideale”, invece che restare a guardare.
Per fortuna di tutti, quell’ episodio non fermò la volontà di Fabio Capello, che contro il parere di Berlusconi portò il giovane croato a Milano nell’estate del 1991. Il Milan lo manda in prestito al Bari per farlo ambientare nel campionato italiano. Nello stesso anno si ammala di Epatite A dopo aver assaporato pesce crudo nel capoluogo pugliese.
Col Milan giocò la bellezza di 9 stagioni, con un bilancio totale di 251 presenze e 30 gol. Vincendo oltre alla Champions anche 4 Scudetti, l’ultimo dei quali nel 1999. È proprio in quest’ultimo scudetto che il suo contributo risulta più che mai determinante e decisivo. Boban riesce ad esprimere un calcio d’altissimo livello: è infatti il trequartista che fa la differenza in mezzo al campo, con le sue finte in grado di ingannare qualunque avversario e la sua sconfinata visione di gioco.
Non è uno di quei fantasisti che escono dal campo senza avere sudato e faticato, non è uno di quei giocatori che pretendono una squadra al servizio della propria classe. È un animo lottatore, con due piedi di fata. Corre senza sosta, ma riesce ad essere sempre lucido nel momento della giocata. Il giorno del suo addio al popolo rossonero, riceve dai tifosi un’ovazione che fino ad allora era stata riservata solo a Franco Baresi e Marco Van Basten.
Ha giocato con la Nazionale Jugoslava, contribuendo a vincere il campionato Under-20 in Cile e in seguito, con quella Croata, di cui fu capitano all‘ Europeo 1996 e al Mondiale 1998 classificandosi al terzo posto, risultato strepitoso per una nazionale al suo debutto mondiale.
Terminata la carriera agonistica, ha concluso gli studi universitari all’ateneo di Zagabria, laureandosi in storia. È commentatore tecnico per varie emittenti e quotidiani sportivi. Il 30 maggio 2016 viene nominato vicesegretario generale della FIFA per lo sviluppo del calcio e l’organizzazione di competizioni.